Rumori oltre il limite
Rumori intollerabili in condominio? Si può dire No
Al vaglio del giudice la musica che disturba i vicini. Anche se proviene da un pianoforte ed è entro i limiti di legge. Caso per caso, si devono esaminare vicinanza dei luoghi e possibili danni per la salute. Cosa dice la Cassazione sulle immissioni.
Al vaglio del giudice la musica in condominio: il suono di un pianoforte, per esempio, costituisce un'immissione vietata, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 844 c.c., anche se risulta contenuto nei livelli di accettabilità stabiliti dalle leggi speciali e dai relativi regolamenti di attuazione. Il giudice civile può ritenere, infatti, che anche il suono che rispetti tali limiti debba comunque considerarsi illegittimo, ove lo stesso sia di disturbo ai vicini, tenuto conto di tutte le circostanze del caso concreto. Questo il principio espresso dalla Corte di cassazione, seconda sezione civile, nella sentenza n. 33966, depositata lo scorso 5 dicembre 2023.
Il giudizio dal giudice di pace
Il caso. Un condominio e una singola condòmina convenivano in giudizio innanzi al giudice di pace con un'altra comproprietaria per ottenere l'accertamento del superamento della soglia di tollerabilità delle immissioni sonore causate dall'utilizzo continuo di due pianoforti e altri strumenti musicali da parte di quest'ultima e, per l'effetto, l'ordine di cessazione immediata dell'attività esercitata o, in alternativa, la condanna della medesima all'esecuzione delle opere per l'insonorizzazione del suo appartamento. La convenuta si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda. Il giudice di pace, previo esperimento di una consulenza tecnica, accertava il superamento della soglia di tollerabilità delle immissioni sonore e condannava la condòmina a fare eseguire nel suo appartamento i lavori necessari al fine di limitare le stesse entro la soglia di tollerabilità. In secondo grado il tribunale accoglieva parzialmente l'appello, accertando il difetto di legittimazione attiva del condominio, confermando per il resto la decisione impugnata.
La condòmina si era quindi rivolta alla Suprema corte, evidenziando come nelle more, con la legge finanziaria del 2019 (art. 1, comma 746, della legge n. 145/2018) fosse stato modificato l'art. 6-ter del dl n. 208/2008, convertito nella legge n. 13/2009, aggiungendo un comma ulteriore, che disponeva che: “1. Nell'accertare la normale tollerabilità delle immissioni e delle emissioni acustiche, ai sensi dell'articolo 844 del codice civile, sono fatte salve in ogni caso le disposizioni di legge e di regolamento vigenti che disciplinano specifiche sorgenti e la priorità di un determinato uso. 1-bis. Ai fini dell'attuazione del comma 1, si applicano i criteri di accettabilità del livello di rumore di cui alla legge 26 ottobre 1995, n. 447, e alle relative norme di attuazione”. Secondo la ricorrente il quadro normativo in tema di inquinamento acustico doveva pertanto considerarsi mutato, non essendo più consentito individuare una fonte diversa da quella dettata dalla legge n. 447/95.
Le immissioni. Secondo l'art. 844 c.c. il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avendo anche riguardo alla condizione dei luoghi. La Cassazione ha chiarito che questa disciplina è applicabile anche negli edifici in condominio nell'ipotesi in cui un condòmino, nel godimento della propria unità immobiliare o delle parti comuni, dia luogo a immissioni moleste o dannose nella proprietà di altri condomini. Questi fenomeni, proprio in considerazione della loro inevitabilità, devono essere sopportati entro certi limiti, ossia nell'ambito di quella che la legge chiama normale tollerabilità. Detto limite non ha carattere assoluto, bensì relativo, nel senso, cioè, che deve essere individuato con riguardo al caso concreto, tenendo in considerazione anche le condizioni di tempo e di luogo in cui esse si verificano. In particolare, la normale tollerabilità deve essere valutata in relazione al luogo in cui le immissioni si propagano e non a quello di provenienza, tenendo conto, però, che nelle zone a prevalente vocazione industriale non devono considerarsi lecite e tollerabili tutte le immissioni, per il solo fatto della destinazione dell'area interessata al fenomeno immissivo. Non esiste quindi una misura certa in base alla quale stabilire il limite di tollerabilità delle immissioni, con la conseguenza che esso deve essere prudentemente determinato caso per caso. Tuttavia, per quanto riguarda il rumore, la giurisprudenza ha cercato di elaborare un criterio valido per la generalità dei casi. In particolare, ai fini della valutazione del limite di tollerabilità delle immissioni acustiche, la maggioranza dei giudici utilizza il cosiddetto criterio comparativo, consistente nel confrontare il livello medio del rumore di fondo senza disturbi provenienti da altre fonti con quello del rumore risultante dalle immissioni e nel ritenere superato il limite della normale tollerabilità nel caso in cui i rumori abbiano una intensità superiore al livello sonoro di fondo determinato come sopra. Nessuna rilevanza diretta può invece attribuirsi alla normativa di tipo pubblicistico, in quanto quest'ultima è volta a regolare il rapporto tra il privato proprietario dell'immobile da cui provengono le immissioni e la pubblica autorità deputata alla vigilanza sull'osservanza degli standard ambientali fissati dalla legge. Di conseguenza i parametri fissati dalle norme speciali a tutela dell'ambiente, pur potendo essere considerati come criteri minimali inderogabili, al fine di stabilire l'intollerabilità delle emissioni che li superino, non sono vincolanti per il giudice civile il quale, nei rapporti fra privati, può pervenire al giudizio di intollerabilità ex art. 844 c.c. delle dette emissioni anche qualora siano contenute nei summenzionati parametri, sulla scorta di un prudente apprezzamento che tenga conto della particolarità della situazione concreta e dei criteri fissati dalla norma civilistica.
La decisione della Suprema corte. La Cassazione ha respinto il ricorso, ricordando che la giurisprudenza di legittimità ha sempre ritenuto che, in tema di immissioni acustiche, la differenziazione tra tutela civilistica e amministrativa mantiene la sua attualità anche a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 6-ter del dl n. 208/2008 e della sua successiva conversione in legge, al quale non può aprioristicamente attribuirsi una portata derogatoria e limitativa dell'art. 844 c.c., con l'effetto di escludere l'accertamento in concreto del superamento del limite della normale tollerabilità, dovendo comunque ritenersi prevalente, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata, il soddisfacimento dell'interesse a una normale qualità della vita rispetto alle esigenze della produzione.
La nuova disposizione introdotta con la legge finanziaria del 2019, secondo la Suprema corte, non ha modificato la disciplina di cui sopra, limitandosi ad affermare che, ai fini dell'attuazione del comma 1, si applicano i criteri di accettabilità del livello di rumore di cui alla legge n. 447/95 e alle relative norme di attuazione. Ne consegue che restano validi i principi richiamati dalla precedente giurisprudenza con riferimento al comma 1 della citata disposizione, anche dopo l'aggiunta del comma 1 bis all'art. 6-ter del dl n. 208/2008, convertito dalla legge n. 13/2009. In altri termini, ha chiarito la Cassazione, in materia di immissioni, mentre è senz'altro illecito il superamento dei livelli di accettabilità stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che, disciplinando le attività produttive, fissano nell'interesse della collettività le modalità di rilevamento dei rumori e i limiti massimi di tollerabilità, l'eventuale rispetto degli stessi non può fare considerare senz'altro lecite le immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità formularsi alla stregua dei principi di cui all'art. 844 c.c., tenendo presente, fra l'altro, la vicinanza dei luoghi e i possibili effetti dannosi per la salute delle immissioni. Quindi i parametri fissati dalle norme speciali a tutela dell'ambiente, pur potendo essere considerati come criteri minimali inderogabili, al fine di stabilire l'intollerabilità delle emissioni che li superino, non sono sempre vincolanti per il giudice civile il quale, nei rapporti fra privati, può pervenire al giudizio di intollerabilità ex art. 844 c.c. delle dette emissioni anche qualora siano contenute nei summenzionati parametri, sulla scorta di un prudente apprezzamento che tenga conto della particolarità della situazione concreta e dei criteri fissati dalla norma civilistica. Il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è mai assoluto, ha ricordato la Suprema corte, ma variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante, sulla quale vengono a innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (criterio comparativo), sicché la valutazione ex art. 844 c.c., diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma, deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell'uomo medio e, dall'altro, alla situazione locale.